L’agire dei sanitari deve essere valutato innanzitutto in termini di perizia/imperizia.
Per definizione, le attività professionali richiedono l’uso di perizia, ossia il rispetto delle regole che disciplinano il modo in cui quelle attività devono essere compiute per raggiungere lo scopo per il quale sono previste. Ciò non esclude che l’evento possa essere stato determinato da un errore originato da negligenza o da imprudenza ma in quel caso occorrerà isolare con precisione l’errore, sulla scorta dei relativi dati fattuali che ne hanno causato la ricorrenza. Cosi la Corte di Cassazione penale, nella sentenza n. 15258/2020 che sintetizza i vari principi in materia di responsabilità medica.
La Cassazione rammenta che il giudice di merito ha il compito di pronunciarsi in ordine alla responsabilità dell’esercente una professione sanitaria per l’evento infausto causato nel praticare l’attività. Il giudice nel caso concluda per la attribuibilità dell’errore alla condotta colposa dell’imputato, è tenuto a rendere una articolata motivazione, dovendo indicare:
1) se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali;
2) indicare di quale forma di colpa si tratti;
3) appurare se ed in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata dalle pertinenti linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali e, più in generale, quale sia stato il grado della colpa;
4) ove il reato non sia stato commesso sotto la vigenza dell’art. 590-sexies c.p., accertare a quale delle diverse discipline succedutesi nel tempo debba essere data applicazione.
Imprudenza, negligenza e imperizia
La Corte evidenzia la difficile individuazione nella giurisprudenza in merito a ciò che deve intendersi per imprudenza, negligenza, imperizia.
Con specifico riferimento alla responsabilità sanitaria si è sostenuto che l’errore diagnostico è frutto di imperizia, mentre la scelta compiuta dal sanitario il quale, tra due possibili modalità d’esecuzione di un intervento chirurgico, abbia preferito quella ritenuta più agevole ancorché maggiormente rischiosa, integra gli estremi della condotta imprudente.
La Corte ritiene non sia possibile operare delle generalizzazioni stante le molteplici variabili dei casi concreti nell’esercizio delle attività sanitarie. La decisione, deve quindi riuscire ad individuare l’origine dell’errore.
Al riguardo, il Collegio ritiene che ci si possa giovare del concetto secondo cui l’imperizia è espressione proprio dell’esercizio di una professione configurandosi nella violazione delle regole tecniche della scienza e della pratica con ciò differenziandosi dalla imprudenza e negligenza per le quali vi è la violazione di cautele attuabili secondo la comune esperienza.
Errori derivanti da imperizia
Si è sostenuto che “rientra nella nozione di imperizia il comportamento attivo o omissivo che si ponga in contrasto con le regole tecniche dell’attività che si è chiamati a svolgere”.
Partendo da ciò, la Cassazione precisa che la perizia è connotato di attività che richiedono competenze tecnico-scientifiche o che presentano un grado di complessità più elevato della norma per le particolari situazioni del contesto; essa presuppone la necessità che il compito richieda competenze che non appartengono comunemente a chiunque ma sono tipiche di specifiche professionalità.
L’agire dei professionisti, (ivi compresi i sanitari) si connota principalmente da errori determinati da imperizia. Non si esclude naturalmente che l’evento possa essere stato determinato da negligenza o imprudenza che dovranno essere accertate specificamente sulla scorta dei fatti del caso particolare che ne attestano la ricorrenza.
Colpa del sanitario
La Cassazione precisa che, nell’apprezzamento del grado della colpa del sanitario, deve tenersi conto della natura della regola cautelare la cui inosservanza gli si rimprovera, avendo incidenza sulla maggior o minore esigibilità della condotta doverosa che egli possa limitarsi a conoscere la regola ed applicarla o, al contrario, sia chiamato a riconoscere previamente le condizioni che permettono di individuare le direttive comportamentali, che rendono doverosa l’adozione della misura, che consentono di individuare quale misura adottare.
La presente disamina è stata sviluppata con necessità di sintesi, non può pertanto considerarsi completa e soprattutto aderente alla singola eventuale casistica che dovrà essere compiutamente analizzata e sviluppata sia in fatto che in diritto tramite effettiva consapevolezza di tutti i fattori ricorrenti nel singolo caso.
Avv. Emanuele Ornaghi